«Nel 1970, quando il Cagliari divenne campione d’Italia, io avevo 8 anni. Non ricordo molto dello “scudetto”, ma ricordo come era la città, come ci vestivamo, come ci appendevamo ai tram per non pagare, l’album della Panini e le partite “a figurine” sui gradini della scuola elementare. Ricordo il medagliere, con i profili dei giocatori del Cagliari sulle monete di finto, fintissimo oro da collezionare.
E ricordo vagamente un ragazzo schivo, a volte sorridente, che guardava sempre da un’altra parte quando lo intervistavano. Un ragazzo che puntava i pugni in terra e si faceva tutto il campo correndo ogni volta che segnava un gol».