6.Ago | 2018

h 17:00 | 

  • Canyon Sa Pranedda
    Ulassai

Arianna e Teseo

PLEIADI ART PRODUCTION

PREMESSA
Quasi cinquemila anni fa, partendo dall’area mediterranea, un semplice disegno geometrico al quale venne dato il nome “labirinto” iniziò a diffondersi in tutto il mondo, permettendo a ciascun contesto culturale in cui si trovava di mutarne forma, dimensione, significato e funzione. Grazie a questa sua duttilità il labirinto è diventato un simbolo universale, o meglio, un complesso simbolico fin dai lontani tempi della sua comparsa. Cos’è il labirinto? Innanzi tutto è un disegno geometrico, più o meno complesso, costituito da varie linee e corsie disposte in una spirale oppure un quadrato che tracciano un percorso verso il centro. L’ingresso coincide con l’uscita, segnalando così, fin dall’inizio, la sua costituzionale ambivalenza simbolica ovvero la vicinanza, sovrapposizione o addirittura coincidenza fra significati opposti. L’impressione creata è quella di un groviglio inestricabile di meandri, nei quali è facile smarrirsi, motivo per cui usiamo spesso la metafora del labirinto per indicare situazioni e problemi complicati, anche se, come vedremo, il disordine è quasi sempre solo apparente. Nell’antichità il labirinto simboleggiava il caos primordiale e lo sforzo di imporgli un ordine. Il suo disegno spiraliforme ricorda un serpente arrotolato, le viscere, ma anche i meandri del cervello.

Poiché da sempre investito di poteri magici, propiziatori e protettivi, non esiste cosmogonia o mito fondatore in cui non sia presente. Allo stesso tempo il labirinto è stato associato al pericolo dello smarrimento, del disorientamento; chi vi entra rischia di rimanerci intrappolato. Occorre coraggio e intelligenza nel percorrere quella via sinuosa dall’inizio fino alla Arianna e Teseo fine. Già il mito del Minotauro ci racconta che Teseo riuscì a tornare in dietro, dopo aver abbattuto il mostro, solo grazie al filo di Arianna, un gomitolo da srotolare all’andata per ritrovare l’uscita. A ben guardare, però, non ce n’era bisogno di quell’astuzia, visto che il labirinto cretese è monocursale: consiste di un solo percorso che non conosce né bivi né scorciatoie e conduce obbligatoriamente al centro e da lì di nuovo fuori, a meno che non si esca volando come fece Dedalo per sfuggire dal labirintico palazzo di Cnosso di cui egli stesso fu l’architetto. Il filo non era dunque un mezzo di conduzione, bensì un mezzo di condotta: indica metodo, attenzione e continuità. Il labirinto stesso ricorda un filo disposto come un gomitolo, come a dire che nulla è semplice e lineare. E’ il filo mentale che ininterrottamente tiene insieme, che crea legami e traccia i confini del nostro spazio esistenziale. Arianna esprime dunque la nostra volontà razionale: solo adottando e rimanendo fedele a un metodo si può arrivare al centro, vincere la lotta con il mostro, il demonio, l’incubo, il terrore che lo abita e tornare indietro salvi, ma trasformati e iniziati ad una vita diversa.
Il Rinascimento, epoca che ci interessa particolarmente in quanto determina il contesto paesistico ove si svolgerà la performance, segna una svolta drastica nel simbolismo del labirinto che vede sbiadire i contenuti esclusivamente religiosi. L’uomo rinascimentale, forte della propria soggettività, si emancipa dalla visione dell’uomo peccatore ossessionato a salvare la sua anima. S’addentra nel labirinto non più in cerca di salvezza, ma per conoscere se stesso. Il suo diventa un cammino esplorativo della propria esperienza individuale. In questa nuova accezione il labirinto lascia gli spazi sacri e arriva in quelli profani, lascia chiese e monasteri ed entra come ornamento e passatempo ludico in palazzi e giardini. Creato con siepi sempreverdi, al riparo dall’avvicendarsi delle stagioni e nell’illusione di poter sospendere il tempo, rispecchia così il tentativo dell’uomo di domare il caos, il tempo e la natura.

COSA
Quella di Arianna e Teseo è un’alchimia speciale: le sue parole magiche ascolto, intimità, relazione. Una performance itinerante, che si immerge e si nutre di natura e paesaggio. Una ricerca che ogni volta (ri)nasce grazie all’incontro con artisti, luoghi, territori, spettatori diversi e che di volta in volta per questo assume nuova forma. Dopo le precedenti tappe alle ultime edizioni de Il Giardino delle Esperidi Festival, dedicate al mito delle Esperidi e al Fuoco, e a seguito di quella finlandese realizzata per Hanko Festival e nella passata edizione del Festival del Mare di Camogli sulla figura della Sirena, Pleiadi Art Productions presenta una nuova tappa di questa ricerca artistica. Perciò Dedalo costruì per sé e per suo figlio due paia d’ali tessute di piume leggere; le attaccò con cera alle spalle e alle braccia di Icaro e se le fissò anch’egli al dorso, poi attese che i servi dormissero e rivoltosi al figliolo disse: «Seguimi Icaro»… Il volo di Dedalo ed Icaro verso una ricercata libertà dal labirinto parte da lontano. Percorrere la loro vicenda significa ripercorrere le tracce di Teseo e di Arianna, seguendone il filo, giungere fino al centro, fino al Minotauro, e soltanto dopo poter uscire. Il labirinto, simbolo del caos primordiale, è simile a un serpente arrotolato, a viscere, cervello, a quello stesso gomitolo rosso che Arianna, nei fatti regina di quell’intrico apparente, offre a Teseo – e con lui agli spettatori – la possibilità di percorrere il cammino dovuto, incontrare e affrontare il monstrum senza correre il pericolo di smarrirsi e, infine, ritrovarsi. Per una più piena consapevolezza di sé occorre entrarci, in quel labirinto che è anche il nostro, toccarne il cuore e uscirne. Un viaggio fisico, mentale ed emotivo, fortemente intimo e sensoriale, che si nutre della Città di Camogli e del suo Mare che saranno setting naturale.

Il progetto è realizzato con il sostegno di Campsirago Residenza, NEXT – Regione Lombardia, Fondazione Cariplo. Sono partner di progetto, a fianco di Pleiadi Art Productions, ScarlattineTeatro, Cada Die Teatro, GAL Ogliastra, Fattoria Vittadini.

Da un’idea diMichele Losi
Con Noemi Bresciani, Francesca Cecala, Giulietta Debernardi, Maura Di Vietri, Anna Fascendini, Miriam Gotti, Michele Losi, Caterina Momo, Francesca Penzo, Diego Dioguardi, Sara Tanita Vilardo, David Zuazola
Composizione musicale e cantoDiego Dioguardi e Miriam Gotti
Puppet di David Zuazola
Drammaturgia di Michele Losi, Barbara Pizzo
Installazioni nella naturaAnna Turina
Regia e composizione nel paesaggio Michele Losi

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