Molti anni fa, a metà degli anni Novanta, mentre stavo preparando uno spettacolo sul lager della Risiera di San Sabba a Trieste, venni a conoscenza dell’Aktion Te Vier, l’Azione Ti Quattro, il primo sterminio di massa nazista: l’eliminazione di settantamila tedeschi fra malati mentali, portatori di handicap, disabili e bambini affetti da malformazioni.
Perché ne venni a conoscenza? Perché la stessa manovalanza, gli stessi squadroni di macellai della T4, che per la prima volta sperimentavano e facevano uso di tecniche che poi si sarebbero rivelate fondamentali per la Soluzione Finale, dopo aver sterminato circa due milioni di ebrei polacchi a Belzec, a Sobibor e a Treblinka, furono mandati a Trieste per gestire la Risiera.
Quando vidi Ausmerzen di Marco Paolini, che parlava di tutto quello che aveva determinato, preceduto e seguito la T4, rimasi colpito profondamente. Un autentico pugno allo stomaco. Paolini, con profonda sapienza teatrale, fa comprendere in maniera limpida e cristallina come una nuova scienza, chiamata allora eugenetica, che perseguiva l’igiene razziale, con la sterilizzazione prima e l’eliminazione fisica dopo, fu uno degli elementi che favorirono la nascita del nazismo e non il contrario. Il razzismo esisteva da sempre, ma alla fine dell’Ottocento trovava una conferma razionale in una scienza (o pseudo tale) e diventava eugenetica di stato, a tutela della “parte buona” della popolazione. E i medici tedeschi, che vi aderirono in modo rilevante, non dovevano più curare ma “difendere i geni sani” ed espellere i “deboli” e i “contaminatori della razza”.
Troppo semplicistico limitarsi a dividere il mondo fra le povere vittime (ballasexistenzen, esistenze zavorra) e i carnefici cattivi (i nazisti). Sono più complesse e inquietanti la genesi del delirio della pura razza ariana e le conseguenze che ne derivarono. Conseguenze pesanti, perché con quelle idee, che hanno attecchito in profondità, che si sono incarnate e che non sono così facili da estirpare, ci ritroviamo a fare i conti ancora oggi molto, ma molto più di quanto si pensi o si possa immaginare.
L’11 marzo cadrà il centenario della nascita di Franco Basaglia, che non è stato soltanto colui che rivoluzionò la storia della psichiatria. Da giovanissimo era anche stato imprigionato per sei mesi perché distribuiva volantini antifascisti.
Per questa stagione del Teatro della Cooperativa, come direttore artistico avevo pensato a qualche iniziativa dedicata al grande psichiatra veneziano. Ho chiesto a Marco Paolini se avrebbe potuto portare Ausmerzen da noi. Quando l’ho chiamato, dopo avermi comunicato che i suoi impegni glielo impedivano, mi ha proposto: “Perché non lo fai tu?”. Un’idea che ho subito accettato perché mi è sembrata davvero un’ottima occasione per cimentarmi con uno dei suoi lavori più interessanti e profondi e per aggiungere un ulteriore tassello al mio percorso teatrale di ricerca, di studio e di approfondimento sui temi legati alla grande Storia del secolo passato e soprattutto alla Seconda Guerra Mondiale.
Al mio fianco sul palco ci sarà Barbara Apuzzo, attrice disabile, un’amica che ha frequentato il nostro teatro fin dagli inizi e che con la sua voce, il suo corpo e la sua presenza fisica renderà ancor più chiaro il messaggio di Ausmerzen.