Lo spettacolo è tratto dal romanzo Gli arcipelaghi di Maria Giacobbe.
Giosuè, un ragazzino di dodici anni, viene ucciso perché ha visto troppo; nessuno sa chi è stato. Tre mesi dopo nella notte di S. Antonio “la notte dei fuochi”, un uomo viene freddato con un colpo di pistola. La mattina successiva Oreste, anche lui di dodici anni, si presenta lacero e bagnato fradicio a casa dei Rudas, amici di famiglia che vivono in un paese a parecchi chilometri dal suo. Cos’è successo? Quella che pian piano iniziamo a immaginare è la verità? Applicare la legge, punire, equivale sempre a riparare all’errore? E qual’è il vero significato di “giustizia”?
Il teatro, come tutta l’arte, ha il compito e il dovere non tanto di dare risposte ma di porre domande, possibilmente scomode e di non facile soluzione: domande che invitino lo spettatore a prendere posizione su quello che dal palcoscenico gli viene proposto. Arcipelaghi, come già indica il titolo, racconta non una ma più vicende, non espone una verità ma, come fossero vere e proprie isole che man mano affiorano, porta a galla le diverse visioni di ognuno dei personaggi, fino a formare appunto un “arcipelago” di verità in cui decidere cos’è giusto e cosa no resta un compito del lettore o, nel nostro caso, dello spettatore