Dopo il successo di A cento passi dal Duomo, Giulio Cavalli con i giornalisti e gli scrittori che hanno raccontato la Lombardia e il Nord dopo la maxi operazione Crimine-Infinito, ci illustra cosa è successo, cosa succede e cosa succederà nella Regione che tra riciclaggio e corruzione voleva essere la “locomotiva d’Italia” e si è risvegliata colonizzata dalla ‘ndrangheta. I nomi, gli atti giudiziari e le amicizie politiche delle “famiglie” sul territorio tornano in scena.
Dove eravamo rimasti:
Nella Stagione 2009/10 il coraggioso spettacolo A cento passi dal Duomo debutta a Milano al Teatro della Cooperativa. In un momento in cui, la mafia a Milano per i più non esisteva ancora, Cavalli ha raccontato cos’ è Milano per la mafia, partendo dall’omicidio Ambrosoli, passando da Sindona a Calvi, per arrivare alle porte dell’Expo. Uno spettacolo in fieri per sottolineare che Gomorra era già qui, anche se abbiamo continuato a raccontare quella degli altri. Un successo inaspettato, un coraggio che ha premiato per l’attenzione e l’interesse riscosso nel pubblico: solo nelle prime 7 repliche milanesi 1210 spettatori.
Ma se allora la mafia è già qui – e se del resto, forse, la mafia a Milano c’è sempre stata – cos’è successo in questi ultimi anni? Cos’è cambiato rispetto a pochi anni fa?
Le attività investigative di questo ultimo periodo, ci hanno ormai ampiamente confermato il radicamento della ‘ndrangheta in Lombardia e se il fenomeno è stato notevolmente sottovalutato, e poi sicuramente minimizzato dalla società e in primis dalle forze politiche, è giunto il momento di fare il punto della situazione. Di nuovo.
Già, perché quello che accade nell’operoso Nord, come detto, non è certo una novità, ma il rischio di dimenticarlo è una pericolosa certezza: che fine hanno fatto gli ultimi vent’anni di ‘ndrangheta?
L’operazione “Crimine-infinito” (luglio 2010) ci risveglia da quel torpore che ci ha cullati forse troppo a lungo e con 300 arresti, il sequestro di milioni di euro, il coinvolgimento di esponenti politici segna un punto fondamentale di questa storia: il binomio ‘ndrangheta-Lombardia è più forte che mai.
Il compito di raccontarci i punti salienti di questa operazione, di fare una nuova mappatura della situazione lombarda, ma anche di indicare i collegamenti con la politica e di mettere in luce i punti più insidiosi del grande cantiere EXPO, spetta a Giulio Cavalli che avvalendosi della preziosa collaborazione di diversi giornalisti – Gianni Barbacetto, Cesare Giuzzi, Davide Milosa, Mario Portanova, Biagio Simonetta, Giovanni Tizian e Giuseppe Gennari GIP del Tribunale di Milano – porta in scena i dati, gli atti e i documenti.
Come, ad esempio, una lettera consegnata al capo della Dda di Milano Ilda Boccassini. Una lettera scritta da Antonino Belnome che dopo aver guidato la locale di ‘ ndrangheta di Giussano (nei pressi di Milano) ed aver scalato le gerarchie delle cosche fino alla dote di «padrino», diventa collaboratore di giustizia e con il suo memoriale «Memorie di un ex padrino» racconta l’ ombra scura delle cosche su Milano.
Ma, dal palco Cavalli ci racconta anche alcune storie, come quella della testimone di giustizia Lea Garofalo, compagna del pregiudicato calabrese Carlo Cosco, uccisa nei pressi di Monza nel 2009 per aver testimoniato contro i clan; o quella di Loreno Tetti, proprietario di un chiosco di panini in via Celoria a Milano, il cui chiosco é stato completamente bruciato a causa della sua denuncia contro il racket e, in particolare, contro il clan Flachi. O ancora il racconto di come la mafia campana si sia impadronita del business dei videopoker creando parallelamente un sistema di bische, fino alla storia del sindacalista Nicola Padulano massacrato di botte perché svolgeva la sua attività in favore degli operai sfruttati, ignorando però di essere dipendente di una società milanese gestita dalla ’ndrangheta.
Se dal punto di vista scenico, la componente narrativa ha sicuramente la parte di protagonista, non sono da dimenticare le musiche appositamente composte ed eseguite dal vivo dal fisarmonicista Guido Baldoni che accompagna la narrazione di Cavalli.
A tenere le fila di tutto questo lavoro, c’è la sapiente regia di Renato Sarti, personalmente impegnato e attivo nella messa in scena di tematiche civili, abituato a lavorare sulle parole e che dopo il successo della collaborazione registica in “L’innocenza di Giulio. Andreotti non è stato assolto” ha nuovamente diretto lo spettacolo di Cavalli.